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Relazioni 2021

Giornate mediche Firenze

 

 L’eredità dell’esperienza Covid.

Ne siamo usciti migliori? (nuovo assetto del rapporto ospedale /territorio)

Lettura della Prof. Maria Pia Garavaglia

 

Nel titolo sono concentrati gli argomenti che da mesi occupano commenti e riflessioni individuali e sociali. Impegnativo l’aggettivo migliori perché serve a confrontarci: con chi o che cosa? Sembrerebbe che dobbiamo necessariamente parlare del futuro, considerando quanto ci è stato consegnato dal passato, in relazione soprattutto alla esperienza della pandemia Covid19, che ci ha sorpresi impreparati. Prima lezione: prepararsi e saremo migliori.

Covid19 sembra abbia fatto scoprire a tutti i cittadini il nostro SSN. In realtà ha già compiuto 43 anni e si è aperto un dibattito sulle sue efficienze o inefficienze. La tutela della salute secondo la Costituzione è “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, garantisce cure gratuite agli indigenti” (art. 32). Questa affermazione presuppone, in forza dell’art.3 che tutti i cittadini, anche coloro che fruiscono gratuitamente del servizio, possono contare sulle medesime prestazioni, e di pari qualità. Soprattutto è sottointeso che il servizio sanitario sia per tutti, cioè pubblico, non necessariamente statale. E la pandemia ha dimostrato anche che, senza un servizio pubblico, non si può organizzare la reazione necessaria ad affrontare grandi rischi ed emergenze. Ora la discussione verte attorno a come rafforzare il SSN o riformarlo; perché non sia una controriforma, deve confermare alcuni criteri basilari: universalismo, equità, uguaglianza. Credo che possiamo articolare il nostro ragionamento utilizzando tre verbi: pensare, agire, curare.

 Pensare

Qui in innanzitutto pensiamo a quanto è accaduto nel SSN durante la pandemia. Si è scoperto, ma era già noto, che non in tutta Italia, il sistema sanitario si propone con il medesimo profilo.

 Il regionalismo, introdotto con la riforma della Costituzione del 2001, che affida alle Regioni la competenza esclusiva in materia di sanità e assistenza, ha procurato oggettive ed ovvie differenze fra Regione e Regione. In tal modo i cittadini non hanno a disposizione le stesse risposte per i loro bisogni sanitari, né parità di accesso. La falla più vistosa ha riguardato la medicina territoriale, la fondamentale assistenza primaria che deve farsi carico della prossimità al cittadino delle strutture e delle prestazioni necessarie a tutelarne la salute.

Agire

 Ci aspetta perciò l’agire. Bisogna intervenire su diversi piani: la visione, la organizzazione e il finanziamento. Con il PNRR il sistema sanitario italiano ottiene una quantità di fondi mai precedentemente sperimentata: 222,1 miliardi di euro di cui 191,5 miliardi di euro sono finanziati dall’Unione europea attraverso il Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza (68,9 miliardi sono sovvenzioni a fondo perduto e 122,6 miliardi sono prestiti), e ulteriori 30,6 miliardi dal bilancio nazionale, da un fondo complementare.

Sono 21,2 i miliardi di euro quelli destinati alla sanità (missione 6). Risorse notevoli che potranno fare la differenza nel post-pandemia purché la messa a terra dei fondi non si perda nei meandri della burocrazia all’italiana.

Questo è un nodo su cui ci si attarda in commenti non propriamente positivi. Per migliorarci evidenziamo le priorita’.

La priorità organizzativa riguarda due settori: la prevenzione, anche come preparness per le emergenze, e la medicina di comunità costituita dagli interventi di assistenza primaria.

La medicina di base costituisce il punto di accesso alle prestazioni del SSN, ma durante la pandemia ha segnalato la sua insufficienza per numero di medici di fiducia, per la non generalizzata disponibilità e reperibilità, nonché per la scarsa preparazione ad eventi straordinari.

Mancano medici di medicina generale, vengono integrati da guardia medica e infine, alla mancanza degli uni e dell’altra supplice il ricorso al pronto soccorso. Si fanno i conti? L’Europa vorrà controllare la qualità delle riforme e i loro costi, perché le rate di finanziamento seguiranno gli stati di avanzamento degli impegni sottoscritti, che abbiamo voluto noi e non imposti dalla Commissione europea.

La grande assente si è rivelata dunque la Assistenza Primaria.

Il “nuovo” non consista solo nel modificare la nomenclatura: casa di comunità (ci sono già le case della salute) ospedale di comunità, e si  determina in numero di 602 le  Centrali Operative.

2 miliardi per 1.288  case di comunità, 1 miliardo per 381 ospedali di comunità. Importa che si tratti di effettiva razionalizzazione, perché gli utenti devono vivere davvero, come prossimi, tutti i servizi. Penso che come centrali di coordinamento si sarebbe potuto contare anche sulla rete delle RSA, la maggior parte delle quali sarebbe davvero in grado di offrire un insieme di servizi, partendo dalla loro esperienza, dal personale qualificato, dalla tradizione di governo di strutture con gestioni frugali ed efficienti. 

Non vorrei che la politica si ammali ‘di mattone’ e sprechi importanti risorse in costruzione di edifici anziché impostare modalità nuove per realizzare una vera rete che colleghi gli ospedali con i servizi territoriali e con la domiciliarita’, a seconda dei diversi gradi di bisogno dei cittadini, dagli autosufficienti, ai cronici e ai non autosufficienti, con particolare attenzione agli anziani.

  1. PNRR: FINANZIAMENTI E RIFORME

 

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) prevede:

 

1.     INVESTIMENTI

 

2.     RIFORME (3 sanitarie e 3 sociali)

 

Sia nella missione “Salute” che nella missione “inclusione e coesione”.

 

1.     I FINANZIAMENTI DEL PNRR:

 

Possibili ricadute sulle persone con demenza

 

 

2.     POTENZIAMENTO CURE DOMICIALIARI

 

Gli interventi sanitari, concepiti come un “pacchetto unitario, prevedono:

 

A.    Forte potenziamento dell’assistenza domiciliare (dal 6,5% al 10%

di anziani assistiti);

 

B.     Centrali operative territoriali. 602 COT che coordinano i servizi domiciliari con gli altri servizi sanitari;

 

C.    Sviluppo della telemedicina, per supportare al meglio i pazienti con malattie croniche.

 

In tutto il PNRR non ci sono finanziamenti specifici per la demenza.

 

LE CRITICITA’ DELLE CURE DOMICIALIARI

 

Stanziati 2,7 miliardi per l’ADI (2022-2026) per arrivare ad assistere 1.510.000 anziani (10%).

 

Ma non cambia l modello assistenziale per gli anziani:

 

·       Media 16 accessi annui dell’infermiere, 3 del medico, 6 di altri operatori (totale 19 ore annue);

 

·       L’80% degli anziani ha ricevuto 1-3 accessi mensili per pochi mesi.

 

Questo modello taglia fuori tutte le persone che hanno bisogni assistenziali duraturi nel tempo: gravi malattie croniche, anziani non autosufficienti. Non sono queste le cure di lungo termine.

 

 

 

2.      SERVIZI SOCIALI PER ANZIANI

 

A.    Dimissioni protette. 66 milioni per l’assistenza domiciliare sociale (SAD) per accompagnare (insieme all’ADA) le dimissioni protette (e dei senza dimora). 13 mln l’anno. Poco.

 

A.    Riconversione RSA. 307 mln per la riconversione delle RSA in gruppi di appartamenti o per realizzare reti di sostegno per mantenere a casa gli anziani (alloggi protetti, domotica, telemedicina, monitoraggio a distanza, rafforzamento domiciliarità).

 

 

 

3.     RIGENERAZIONE URBANA E INFRASTRUTTURE SOCIALI

 

·       PROGETTI DI RIGENERAZZIONE URBANA: 3,3 miliardi per i comuni con più di 15.000 abitanti. Ristrutturazione di edifici e aree pubbliche per servizi sociali, culturali, educativi, didattici, ecc.

 

·       INFRASTRUTTURE SOCIALI DI COMUNITA’: 725 milioni per le aree interne da utilizzare per: assistenza domiciliare per anziani, rafforzamento centro per disabili, infrastrutture per elisoccorso, infermiere e ostetriche di comunità, accoglienza migranti ecc.

 

 

 

4.      GLI ALTRI INTERVENTI

 

·       Casa della comunità. 2 miliardi per 1.288 Case della Comunità.

 

·       Ospedale di comunità: 1 miliardo per 381 nuovi OdC. Novità per le demenze: prima i pazienti con demenza non potevano essere ricoverati. La nuova norma (2020) dispone: “Gli OdC possono prevedere ambienti protetti, con posti dedicati a pazienti con demenza o con disturbi comportamentali in quanto affetti da patologie croniche riacutizzate a domicilio o in dimissione ospedaliera”.

 

 

 

2.     LE RIFORME

 

1.     Riforme degli interventi per gli anziani non autosufficienti

 

·       E’ la riforma volta ad introdurre un sistema di interventi in favore degli anziani non autosufficienti da approvare entro la primavera del 2023.

 

·       Il provvedimento è finalizzato anche alla individuazione di livelli essenziali delle prestazioni per gli anziani non autosufficienti.

 

·       I principi fondamentali della riforma sono quelli della:

 

-        semplificazione dell’accesso mediante punti unici di accesso sociosanitario,

 

-        dell’individuazione di modalità di riconoscimento della non autosufficienza basate sul bisogno assistenziale,

-        di un assesment multidimensionale,

 

-        della definizione di un progetto individualizzato che individui e finanzi i sostegni necessari in maniera integrata, favorendo la permanenza a domicilio, nell’ottica della deistituzionalizzazione.

 

Agli stessi fini, saranno potenziate le infrastrutture tecnologiche del sistema informativo della non autosufficienza.

 

 

 

 

I contenuti della Riforma

 

 

L’Italia è l‘unico grande Paese europeo senza una legge organica sull’assistenza alle persone non autosufficienti.

 

Cosa comporterà la legge?

 

·       Individuazione dei Livelli essenziali con obbligo quindi erogare le prestazioni relative;

 

·       Potenziamento assistenza, compresa quella dei Centri diurni (che sono già livello essenziale);

 

·       Definizione dei percorsi e continuità dell’assistenza;

 

·       Sostegni ai caregiver familiari ed intervento nel mercato delle badanti;

 

·       Riforma dell’indennità di accompagnamento.

 

 

 

2.     STANDARD ORGANIZZATIVI PER IL TERRITORIO

 

·       Entro il 2021 è prevista la Definizione di standard strutturali,  organizzativi e tecnologici omogenei per l’assistenza territoriale.

 

·       La bozza del documento è già stata redatta dall’Agenas e è ora all’esame della Cabina di Regia per il patto per la Salute.

 

·       Il documento si presenta come uno strumento organizzativo complementare degli investimenti del PNRR previsti per la sanità territoriale e delle innovazioni introdotte dalla normativa degli ultimi due anni dato che definisce gli standard organizzativi (e strutturali) soprattutto di :

-        Casa della comunità,

-        Ospedale di comunità,

-        Centrale operativa territoriale,

-        Telemedicina,

-        Infermiere di comunità,

-        Unità speciale di continuità assistenziale.

 

·       Completa il quadro, il ruolo e gli standard per il distretto sanitario insieme alle indicazioni per i servizi territoriali per la salute mentale, le dipendenze, la salute della donna e del bambino e per le attività di promozione e prevenzione della salute.

 

 

CONCLUSIONI

 

 

·       Il PNRR rappresenta una importante opportunità per il mondo degli anziani non autosufficienti sia per i finanziamenti che per la legge di riforma.

 

·       Ma gli esiti non sono scontati.

 

·       Sta alla capacità della politica ma anche alla nostra capacità di stimolare e di orientare per ottenere quella rete di sostegni e di servizi per gli anziani non autosufficienti che ancora sono carenti in Italia.

 

Se sono state rilevate deficienze in certi servizi e strutture, si deve provvedere a qualificarli, non demonizzarli, creando sconcerto nelle famiglie degli assistiti. Pur rispettando l’autonomia regionale, gli standard qualitativi devono essere uguali sull’intero territorio italiano, perché tutti i cittadini hanno diritto a servizi qualificati e rispondenti alle necessità. Grande impatto avrà nel rendere efficaci gli accessi, la tecnologia più semplice a livello di assistenza domiciliare e la più sofisticata in ospedali.

Tutte le strutture siano presidi di vera vicinanza, luoghi che i cittadini riconoscono stabilmente, non come cattedrali chiuse e silenziose, non bloccati dalla burocrazia, ma funzionanti 24 ore al giorno, per 7 giorni, come si addice alla presa in carico delle persone che, col sostegno della sanità pubblica, devono essere mantenute attive e vitali quanto meglio e il più a lungo possibile (le centrali energetiche non funzionano senza interruzione giorno e notte, giorni feriali e festivi?).  La nuova rete ha la finalità di evitare ricoveri impropri e portare l’assistenza possibile a domicilio. 
Anche il trasporto o i trasferimenti dei pazienti tra e nelle strutture dedicate non può essere lasciato al volontariato o alle associazioni accreditate senza che ci sia una chiara programmazione quantitativa e qualitativa. Il “territorio”, così universalmente evocato, non è una mappa di Google ma un habitat definito per numero di abitanti, di cui si dovrebbe conoscere il profilo sanitario, orografia, reti stradali, clima, ecc. Non si possono prevedere numeri standard. Invece standard e del livello più garantito possibile, per qualità, devono essere i livelli essenziali uniformi (LEUA) di assistenza (art. 3 Cost.), approvati dallo Stato e articolati dalle Regioni secondo loro scelte prioritarie.
Covid ha anche dimostrato quali sono gli ospedali utili e necessari secondo la classificazione delle prestazioni che devono essere in grado di fornire, con assoluta tempestività ed efficienza. Nel momento più critico della pandemia ne sono stati allestiti alcuni con grande tempestività e altamente infrastrutturati, ma è apparso evidente che non è il criterio dei posti letto quanto la individuazione delle specialità a produrre i risultati attesi. A valle delle risposte altamente qualificate per i problemi delle acuzie sono indispensabili le strutture di postdegenze e riabilitative, nonché una adeguata rete di hospice per le fasi terminali. Con la digitalizzazione del SSN ogni cittadino è conosciuto e monitorato in continuità e in tutte le strutture che innervano il territorio e, ovviamente, negli ospedali e a domicilio.

Libretto sanitario elettronico (PNRR Digitalizzazione).

La centralità del paziente è favorita dalla conoscenza della sua storia personale attualizzata, disponibile e accessibile a tutti gli operatori che lo hanno in carico. La lezione più pungente impartita da Covid riguarda la prevenzione, che trovava già nel primo piano sanitario nazionale (1993/95) una definita allocazione di risorse, ma che, anche nella opinione comune, non è percepita come importante atto sanitario al pari di cura e riabilitazione, per cui spesso sono stati privilegiati altri ambiti di finanziamento. La costituzione delle Arpa negli ultimi tempi ha dimostrato quanto siano utili perché, e finalmente, si è acquisita la consapevolezza che la salute è il risultato di tanti atti individuali e collettivi: “One Health”.
La prevenzione, anche come promozione della salute, merita interventi precoci per cui sarebbe utile e produttivo ripristinare la medicina scolastica, occasione di screening generalizzati, che aiuterebbero la programmazione socio sanitaria. 

Ricordata la mole di finanziamenti, non ci sfugge che quando si parla di sanità vengono usate solo le espressioni costi della sanità, spesa sanitaria, quando invece è evidente che il settore comporta un indotto incredibile in ricerca e sviluppo, prodotti di consumo, strumenti tecnologici, occupazione di personale, ecc.

 Prima della attribuzione dei finanziamenti ai vari livelli istituzionali bisogna rispondere al dettato dell’art. 3 della Costituzione che chiede alla Repubblica di rispettare la uguaglianza di tutti i cittadini in qualsiasi Regione abitano. Perciò si deduce che tutti ‘pesano’ una medesima quota capitaria. Questa, non limitata vincoli di destinazione, consente ad ogni Regione di definire il bilancio della sanità e sociale secondo le proprie priorità; in tal modo si assume la responsabilità delle scelte verso i cittadini. Il recupero di svantaggi finanziari accumulati in passato non può essere affidato a commissari che possono solo operare tagli (si ripeterebbero antichi errori). Piuttosto si potrebbe costituire un fondo di rotazione per investimenti sanitari nazionale (FRISN) della durata dei piani sanitari, nazionali/ regionali, secondo obiettivi predefiniti. Nella architettura dei finanziamenti previsti dal PNRR varrà la pena di stabilizzare quella voce di bilancio, che era stata prevista dall’art. 20 della legge 67/86,  con lo scopo di rinnovare il patrimonio edilizio e tecnologico e di assicurare la continua manutenzione delle strutture, perché l’esperienza ci dimostra qual è lo stato attuale della gran parte di quelle  esistenti, ormai datate.

Cura

Il SSN richiede molta cura, sì lui stesso! Si diceva della manutenzione e degli investimenti innovativi. I bilanci devono prevederne la continuità perché anche per i beni materiali l’incuria crea problema e anche in questo caso è meglio prevenire che poi spendere di più per recuperare e restaurare.

Il SSN è deputato a rendere vero il contenuto dell’art.32 della Costituzione e perciò di tutelare la salute dei cittadini attraverso gli atti di prevenzione, cura e riabilitazione. All’attività più conosciuta e apprezzata da parte dei cittadini è la cura perché non appaiono direttamente qualificanti come atti sanitari la prevenzione e la riabilitazione. Tuttavia la cultura, anche per merito del SSN, si sta modificando e c’è una particolare attenzione verso i diritti legati al sistema sanitario. La cura ha articolato un pensiero lungo nella espressione “prendersi cura” che coinvolge una serie di atti e prestazioni a favore dei cittadini da parte degli operatori, a carico delle istituzioni.

La ricerca planetaria che ha dato in un tempo brevissimo il vaccino anti Covid ricorda che per curare bene occorre ricercare.

Tra le infrastrutture immateriali fondamentale la ricerca autonoma, indipendente, traslazionale, interna al Sistema Sanitario Nazionale.  La ricerca è il servizio più alto alla dignità della persona. A tal proposito va ripensato il sistema degli IRRCS. Il riconoscimento delle caratteristiche che li definiscono devono essere di eccellenza, confrontabili con le migliori esperienze internazionali, perché devono immettere nel sistema nazionale le migliori pratiche diagnostiche e  terapeutiche. Individuati per specifiche discipline, tendenzialmente monodisciplinari. Al riparo dai localismi, non dovranno essere classificati in base a trattative politiche, ma solo essere funzionali agli obiettivi di salute pubblica. La governance rispetterà la logica regionalista interna al sistema sanitario per cui nel Cda sederanno rappresentanti selezionati dal Ministero della Salute e dalla Conferenza Stato Regioni, attingendo anche a personalità straniere. Il coordinamento nazionale viene esercitato dall’Istituto Superiore di Sanità. Il riconoscimento può essere revocato o prorogato secondo le priorità del PSN. Al finanziamento si deve provvedere con un fondo dedicato, svincolato da una percentuale sul FSN, perché i progetti di ricerca non possono subire ritardi o riduzioni. Alla rete degli IRCCS nella logica “One Health” aderiscono, secondo linee appropriate, gli Istituti zooprofilattici. Covid ha sottolineato quanto sia rilevante la ricerca e la salute animale per la qualità dei prodotti che riguardano il benessere delle persone. L’insieme dei progetti di resilienza poggia sul personale che li attua. Ogni proposta che riguardi medici e operatori sanitari e sociali di ogni livello coinvolge l’universita’ che ha l’obiettivo fondamentale della formazione e della ricerca. La formazione dei professionisti del sistema sanitario e sociale deve obbligatoriamente concertarsi con le esigenze dei servizi sanitari e sociali, con incremento delle specialità, soprattutto quelle che la pandemia ha segnalato necessarie ma insufficienti. L’universita’ in quesì tempi non sembra recepire fattivamente l’evoluzione del modo del bisogno; sarebbe invece necessario che adeguasse le metodologie e i contenuti della propria missione di didattica e ricerca alla realtà di una sofferenza che continua a proporre domande sempre nuove.

Dall’ospedale al domicilio si articola una catena di servizi che richiedono operatori da destinare a funzioni nuove. Probabilmente bisognerà mettere mano a diversa impostazione dei contratti. E’ tempo di un unico contratto nazionale di comparto?

Infine, il PNRR non finanzia né propone una sostanziale riforma istituzionale, la integrazione strutturata fra sanità e assistenza, con una unica regia, un Ministero della sicurezza sociale. Non limiterebbe le competenze regionali ma semplificherebbe davvero la filiera intrecciata fra troppi ministeri: della salute, degli interni, del lavoro, ecc. 
Al quadro delineato fanno da cornice due spunti che accenno semplicemente: il pluralismo istituzionale e il riferimento europeo.
La cultura e il pluralismo garantito dalla Costituzione consentono di integrare il sistema sanitario e sociale con l’iniziativa privata. Per ottenere il riconoscimento dello status di servizio pubblico non statale (come avviene per la scuola) deve partecipare alla programmazione nazionale per integrarla e consentire complementarità e compatibilità (controlli sugli esiti e non sulle procedure) col PSN/PSR. Ugualmente importante è lo sguardo verso l’Europa per realizzare ogni integrazione e armonizzazione possibile nel segno della modernizzazione e della innovazione.
COVID ha reso esplicita l’esigenza della unità e unitarietà di un Prontuario Europeo.  Ema è sta efficiente e decisiva durante la pandemia. La ricaduta sulle agenzie nazionali delle sue determinazioni ha portato a  non poche distinzioni che hanno creato problemi di interpretazione.

La mobilità dei cittadini merita che ovunque si trovino possano contare su terapie farmacologiche uguali in tutti i Paesi della Unione.

Alla fine del nostro ragionamento saremo migliori oppure abbiamo inteso  che fare per migliorarci?